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Alfa Romeo Alfa 6 2.5 1979 Blu scuro 1:18

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Alfa Romeo Alfa 6 2.5 1979 Blu scuro 1:18 (Laudoracing LM 156A)

L'Alfa Romeo Alfa 6 è una berlina prodotta dalla casa automobilistica italiana Alfa Romeo dal 1979 al 1987 nello stabilimento di Arese.

Fu immessa sul mercato con l'obiettivo di competere con le berline di fascia medio-alta sia italiane che straniere, le prime rappresentate dalla Lancia, le seconde da numerosi modelli, soprattutto tedeschi come Mercedes-Benz e BMW.

La progettazione dell'Alfa 6 (codice di progetto "119") fu avviata alla fine degli anni 60 e l'entrata in produzione era prevista per i primi anni settanta, poiché Alfa dopo l'uscita di scena nel 1969 dalla 2600, voleva rientrare nel segmento di mercato delle grandi berline a sei cilindri con un modello che si posizionasse sopra l'Alfetta, in modo da sfidare le ammiraglie del settore sfruttando l'appeal meccanico Alfa, congiunto ad una linea allora attuale e ad allestimenti di alto livello.

Il "progetto 119" doveva infatti portare al debutto un nuovo motore V6 da 2,5 litri tutto in alluminio, progettato da Giuseppe Busso. 

Tale motore in seguito equipaggiò svariati modelli di automobili, anche del gruppo FIAT.

La crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur nel novembre 1973 scoraggiò però i vertici dell'azienda, allora di proprietà dell'IRI, dal mettere in produzione un'autovettura che percorreva 7 km con un litro di benzina, ed il progetto venne accantonato.

Fu solo verso la fine del decennio, allorché si attenuarono gli shock petroliferi e sociali che avevano attraversato tutto il periodo 1974-1978, che il management Alfa rispolverò il modello, il cui iter di progettazione e messa in produzione aveva superato il "punto di non ritorno". 

L'Alfa 6 poté così vedere la luce nella primavera del 1979.

A quel punto il "nuovo" modello scontava, soprattutto nell'estetica oltre che in alcune soluzioni d'allestimento, lo scarto temporale accumulato, pari ad oltre un lustro. Sostanzialmente contemporaneo al "progetto 116" quello che portò all'Alfetta del 1972, il "progetto 119" ne riprendeva infatti molti concetti, sia tecnici che estetici.

Le linee squadrate e la somiglianza stilistica con l'Alfetta (la quale aveva già visto una prima evoluzione di stile nel 1977, con la presentazione della versione di due litri) furono i segni più evidenti dell'anzianità del progetto, appesantivano le linee agli occhi del pubblico, abituato oramai a disegni e stili lanciati verso le proposte degli anni ottanta. Non fu solo l'estetica a frenare le vendite; come già evidenziato, l'impostazione generale del corpo vettura - seppur valido di per sé - risentì di un certo squilibrio nei rapporti dimensionali, soprattutto in confronto a quelli dell'Alfetta: a fronte di un aumento del passo di 9 cm, la lunghezza era cresciuta di quasi mezzo metro, fattore che si rifletteva in uno sbalzo posteriore assai pronunciato; peraltro la larghezza era aumentata di appena pochi centimetri, cosicché anche l'abitabilità interna non era al livello oramai raggiunto dalla concorrenza. Se tutto ciò poteva essere accettabile nella prima metà degli anni settanta, non lo era più dieci anni dopo. 

Tra i particolari estetici, i gruppi ottici posteriori apparivano molto grandi, i paraurti in metallo con cantonali in gomma massicci e datati; la presa d'aria sporgente sul montante posteriore veniva giudicata poco elegante.

Tecnicamente, seppur non più all'avanguardia, rimaneva valida la meccanica che, seguendo lo schema a motore anteriore longitudinale e trazione posteriore, si caratterizzava per un "mix" di elementi tipici delle Alfa. 

Sull'ammiraglia esordì lo sterzo servoassisttito e soprattutto il motore V6 Busso da 2492 cm³ alimentato da sei carburatori monocorpo con potenza massima di 158 CV, abbinato ad un cambio manuale a cinque rapporti montato in blocco col motore, un ZF "dogleg" con la disposizione delle marce ad H di tipo sportivo con la prima marcia in basso a sinistra già utilizzato sulla Montreal. 

A richiesta era disponibile un cambio automatico ZF a tre rapporti. Per quanto riguarda la qualità dell'interno fermo restando lo stile ed il disegno non più recenti le finiture venivano comunque giudicate discrete, certamente superiori alla media Alfa Romeo dell'epoca.

La prova della rivista specializzata Quattroruote mise in luce le buone caratteristiche del motore, il comportamento stradale valido, ma anche i consumi elevati e la linea superata. 

Uno degli aspetti più criticabili era infatti la tecnologia ormai obsoleta utilizzata per la gestione dell'alimentazione: per ragioni di tempi e costi (l'iniezione avrebbe richiesto uno sviluppo ex-novo) e ingombri in altezza (i carburatori pluricorpo verticali presenti sul mercato non avrebbero trovato posto sotto il cofano), vennero utilizzati sei carburatori Dell'Orto FRDA 40 di aspetto e materiali analoghi ai comuni carburatori da utilitaria, raggruppati a terne per mezzo di due basette in alluminio e sincronizzati tra loro con una complicata serie di leve e rinvii.

La necessaria adozione di un congegno per ridurre i consumi a velocità costante, i consumi comunque elevati anche se non eccessivi per l'epoca e la necessità di complesse registrazioni periodiche resero in prospettiva questa scelta di dubbio vantaggio economico e forse la più penalizzante in termini di immagine e quindi di appeal del prodotto, che come avvenne anche con l'Alfa 90 costrinse l'azienda a cercare invano una soluzione con una seconda serie riveduta e corretta.

L'Alfa Romeo tentò di promuovere la grande robustezza della scocca un annuncio pubblicitario riportava che la vettura poteva resistere, senza deformarsi, ad una forza d'urto fino a 45.000 Kg ma nel 1981 l'attore Gino Bramieri fra i primi ad avere a disposizione un esemplare del modello distrusse la sua Alfa 6 automatica in un drammatico incidente nel quale perse la vita l'attrice Liana Trouché.

Nel tentativo di attenuare la sua responsabilità, l'attore sostenne che le peculiarità del cambio automatico non gli avevano consentito di controllare adeguatamente la vettura allorquando aveva iniziato a sbandare a causa della grandine.

La linea difensiva non venne accolta e l'attore fu condannato, in via definitiva, per omicidio colposo, ma ormai il danno d'immagine era incancellabile.

Va detto, però, che l'attrice morì perché fu sbalzata fuori dall'abitacolo in quanto innanzitutto non aveva allacciato la cintura di sicurezza, malgrado la vettura ne fosse provvista ma l'obbligo d'uso sarebbe arrivato otto anni dopo, e soprattutto perché la portiera lato passeggero fu del tutto divelta dall'impatto; tuttavia, le foto del relitto della vettura, che furono pubblicate dalla rivista "Quattroruote", facevano comunque notare che la cosiddetta "cellula di sopravvivenza" dell'abitacolo, nonostante la portiera divelta, era rimasta pressoché intatta.

Della prima serie, prodotta fino alla fine del 1982, sono stati costruiti circa 6.000 esemplari.

Laudoracing ci stupisce nuovamente con questa splendida ammiraglia di Arese in scala 1:18 stampo chiuso in vari colori

LM156A
1 Articolo

Scheda tecnica

Produttore
Laudoracing
Scala
1:18
Tipologia
Auto Classica
Colore
Blu
Anno
1979
Edizione Limitata
200pz
Casa Costruttrice
Alfa Romeo
Materiale
Resina Senza Parti Apribili
Contenitore
Scatola Tematica

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